martedì 28 maggio 2013

SE QUESTO E’ UN UOMO di Primo Levi


“Se questo è un uomo” è un romanzo autobiografico, scritto da Primo Levi nel 1946, e descrive la vita degli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz. I deportati vengono privati di tutto, dei vestiti, dei capelli, del nome, sostituito con un numero, tatuato sul braccio sinistro. Il pranzo è una misera razione di pane raffermo e la cena una zuppa acquosa di patate, mentre vengono sottoposti a un lavoro disumano, sotto la pioggia, la neve e il vento. Grazie alla scarlattina, contratta pochi giorni prima, Levi non può affrontare il viaggio dopo l’evacuazione del lager, dove deve rimanere fino all’arrivo dei Sovietici e alla conquista della libertà. Il romanzo è ambientato nel lager, caratterizzato da una totale mancanza di vita e di colore, dove ogni prigioniero è spogliato, rasato, offeso e costretto a rivestirsi con abiti spesso troppo stretti e con scarpe che gli lacerano i piedi. I personaggi principali sono lo stesso autore e Alberto, il suo migliore amico, che morirà durante “la marcia della morte”, prima della liberazione.
Giudizio personale
Il romanzo è la coinvolgente testimonianza dell’esperienza vissuta dall’autore Primo Levi ad Auschwitz, dove gli uomini sono costretti a lottare gli uni contro gli altri. Il messaggio che Levi vuol trasmettere è chiaro: far conoscere dolori e sensazioni che si provano a vivere in un lager, mantenendo la dignità anche se il proprio destino è segnato.
Ne consiglierei la lettura ai ragazzi di 3° media per approfondire le conoscenze sulla Shoah.

In quanto tempo ho letto il libro: circa 2 mesi
Muru Simone  (3° E Nuraminis)

Se questo è un uomo è la testimonianza di Primo Levi, fatto prigioniero e deportato nel campo di sterminio di Aushwitz. Il libro si apre con una poesia scritta dallo stesso autore che rievoca la vita nel campo e invita le persone a non dimenticare questi fatti atroci. La storia parte dalla cattura di Primo e dal suo successivo viaggio verso Aushwitz, vissuto con la paura e la rassegnazione di chi sa non vedrà mai più la sua casa; successivamente avvengono le selezioni delle persone che vengono mandate nei campi di lavoro e di quelli che vengono mandati nelle camere a gas e i procedimenti di disinfezione e di tosatura. Ai prigionieri viene assegnato un numero cucito sugli abiti e sulla pelle, che rimpiazzerà il loro nome privandoli di ogni identità. Nei passi successivi del libro Primo descrive scrupolosamente i tipi di prigionieri, le giornate, i commerci che si trovavano nel campo e nel mentre fa le sue riflessioni e continua la sua storia, dagli inizi del lavoro, alle frequenti malattie, alla fame e ai ricoveri in infermeria, ai sogni notturni e ai disagi di ogni stagione. Verso la fine del libro, Primo viene ricoverato e quindi non prenderà parte alla marcia per abbandonare il campo , imposta dai tedeschi per sfuggire ai russi che avanzavano. Insieme ai malati dell'infermeria, Primo con pochi altri cercherà di sopravvivere nonostante manchi acqua,  cibo e siano circondati da  cadaveri e  malati e  lo sporco e il freddo si trovino fuori e dentro le baracche. In questo capitolo si riconoscono i primi cenni di umanità fra i superstiti.
“Se questo è un uomo” è un libro malinconico e scioccante, ma che fa comunque riflettere e comprendere la condizione dei prigionieri dei Lager. Loro, annientati dal punto di vista morale e fisico, continuano tuttavia a lottare contro dolore e fame, trasmettendo al lettore un sentimento di speranza molto forte. È un documento alquanto sincero sui campi di concentramento sia per i racconti che per la semplicità con cui vengono descritti, e quindi consiglio a tutti di leggerlo (soprattutto nelle scuole) per capire a quanto può arrivare la pazzia umana e per impedire che ricapitino ancora fatti così disumani. Per finire, questo libro ha lasciato un segno indelebile nella mia memoria, e credo che l’obbiettivo di Levi, cioè di farci ricordare i fatti da lui raccontati, sia stato portato a termine pienamente       
In quanto tempo ho letto il libro: un mese
Viola Mudu (3E Nuraminis) 

Primo Levi è un italiano di origini ebree, che viene deportato a Monowitz nel 1944. Nell'esatto momento in cui il numero 174 517 gli viene tatuato sul braccio perde ogni diritto, e diventa un haftling, un pezzo. Deve lavorare senza discutere, viene rasato, indossa una camicia a righe, ma soprattutto deve sopravvivere. La sua umanità è messa a dura prova ogni giorno, in un ambiente in cui si può morire da un momento all'altro: a dichiarazione di Levi essa è stata salvaguardata solo grazie a Lorenzo, un uomo che era solito fare favori a Primo solo per bontà. Levi acquista sempre più esperienza, passando dall'essere inizialmente curioso di tutto all'essere un deportato che sa come funziona il campo e cosa gli conviene fare. Diventa anche un chimico a causa della sua laurea, e in quegli attimi di tranquillità ha occasione di riflettere sulle orribili condizioni in cui è ridotto. Nel frattempo i Tedeschi decidono di evacuare il campo a causa dell'arrivo dei Russi, per poi abbattere tutti i prigionieri. Levi riesce a salvarsi perché è uno dei pochi deportati che restano nel Ka-Be, l'infermeria: è grazie alla sua scaltrezza se riesce a sopravvivere.
Il libro è ambientato tra il 1944 e il 1945 a Monowitz, se si esclude il primo capitolo ambientato in Italia. Lo spazio è molto ben descritto, e ciò rende maggiore enfasi al racconto. La tematica principale è la denuncia del dramma della Shoah, e penso che Levi abbia scritto Se questo è un uomo affinché questa tragedia non venga dimenticata.
Grazie a questo libro ho capito molto della Shoah; la testimonianza di Levi è molto diretta e chiara, non lascia mai niente in sospeso e toglie ogni dubbio. E' un libro molto utile per chiunque voglia sapere ciò che è realmente accaduto nei Lager. Lo stile dettagliato mi ha condotto a chiudere gli occhi e a provare ad immaginare gli Haftlinge rassegnati, la miseria dei lager, il Ka-Be  e tutto il resto. Se questo è un uomo è estremamente interessante, forse a tratti reso pesante dalle riflessioni di Levi. L'unica cosa che non mi è piaciuta sono state le frasi in lingua straniera: molto spesso non riuscivo a tradurle, anche se alla fine il loro contenuto era intuitivo.
Tempo in cui ho letto il libro: due mesi
Elena Medda (3°E Nuraminis)



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