“Se questo è un uomo” è un
romanzo autobiografico, scritto da Primo Levi nel 1946, e descrive la vita
degli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz. I deportati vengono
privati di tutto, dei vestiti, dei capelli, del nome, sostituito con un numero,
tatuato sul braccio sinistro. Il pranzo è una misera razione di pane raffermo e
la cena una zuppa acquosa di patate, mentre vengono sottoposti a un lavoro
disumano, sotto la pioggia, la neve e il vento. Grazie alla scarlattina,
contratta pochi giorni prima, Levi non può affrontare il viaggio dopo
l’evacuazione del lager, dove deve rimanere fino all’arrivo dei Sovietici e
alla conquista della libertà. Il romanzo è ambientato nel lager, caratterizzato
da una totale mancanza di vita e di colore, dove ogni prigioniero è spogliato,
rasato, offeso e costretto a rivestirsi con abiti spesso troppo stretti e con
scarpe che gli lacerano i piedi. I personaggi principali sono lo stesso autore
e Alberto, il suo migliore amico, che morirà durante “la marcia della morte”,
prima della liberazione.
Giudizio personale
Il romanzo è la coinvolgente
testimonianza dell’esperienza vissuta dall’autore Primo Levi ad Auschwitz, dove
gli uomini sono costretti a lottare gli uni contro gli altri. Il messaggio che
Levi vuol trasmettere è chiaro: far conoscere dolori e sensazioni che si
provano a vivere in un lager, mantenendo la dignità anche se il proprio destino
è segnato.
Ne consiglierei la lettura ai
ragazzi di 3° media per approfondire le conoscenze sulla Shoah.
In quanto tempo ho letto il libro: circa 2
mesi
Muru Simone (3° E Nuraminis)
Se questo è
un uomo è la testimonianza di Primo Levi, fatto prigioniero e deportato nel
campo di sterminio di Aushwitz. Il libro si apre con una poesia scritta dallo
stesso autore che rievoca la vita nel campo e invita le persone a non
dimenticare questi fatti atroci. La storia parte dalla cattura di Primo e dal
suo successivo viaggio verso Aushwitz, vissuto con la paura e la rassegnazione
di chi sa non vedrà mai più la sua casa; successivamente avvengono le selezioni
delle persone che vengono mandate nei campi di lavoro e di quelli che vengono
mandati nelle camere a gas e i procedimenti di disinfezione e di tosatura. Ai
prigionieri viene assegnato un numero cucito sugli abiti e sulla pelle, che
rimpiazzerà il loro nome privandoli di ogni identità. Nei passi successivi del
libro Primo descrive scrupolosamente i tipi di prigionieri, le giornate, i
commerci che si trovavano nel campo e nel mentre fa le sue riflessioni e
continua la sua storia, dagli inizi del lavoro, alle frequenti malattie, alla
fame e ai ricoveri in infermeria, ai sogni notturni e ai disagi di ogni
stagione. Verso la fine del libro, Primo viene ricoverato e quindi non prenderà
parte alla marcia per abbandonare il campo , imposta dai tedeschi per sfuggire
ai russi che avanzavano. Insieme ai malati dell'infermeria, Primo con pochi
altri cercherà di sopravvivere nonostante manchi acqua, cibo e siano circondati da cadaveri e malati e
lo sporco e il freddo si trovino fuori e dentro le baracche. In questo
capitolo si riconoscono i primi cenni di umanità fra i superstiti.
“Se questo
è un uomo” è un libro malinconico e scioccante, ma che fa comunque riflettere e
comprendere la condizione dei prigionieri dei Lager. Loro, annientati dal punto
di vista morale e fisico, continuano tuttavia a lottare contro dolore e fame,
trasmettendo al lettore un sentimento di speranza molto forte. È un documento
alquanto sincero sui campi di concentramento sia per i racconti che per la
semplicità con cui vengono descritti, e quindi consiglio a tutti di leggerlo
(soprattutto nelle scuole) per capire a quanto può arrivare la pazzia umana e
per impedire che ricapitino ancora fatti così disumani. Per finire, questo
libro ha lasciato un segno indelebile nella mia memoria, e credo che
l’obbiettivo di Levi, cioè di farci ricordare i fatti da lui raccontati, sia
stato portato a termine pienamente
In quanto
tempo ho letto il libro: un mese
Viola Mudu (3E Nuraminis)
Primo Levi è un italiano di
origini ebree, che viene deportato a Monowitz nel 1944. Nell'esatto momento in
cui il numero 174 517 gli viene tatuato sul braccio perde ogni diritto, e
diventa un haftling, un pezzo. Deve lavorare senza discutere, viene rasato,
indossa una camicia a righe, ma soprattutto deve sopravvivere. La sua umanità è
messa a dura prova ogni giorno, in un ambiente in cui si può morire da un
momento all'altro: a dichiarazione di Levi essa è stata salvaguardata solo
grazie a Lorenzo, un uomo che era solito fare favori a Primo solo per bontà.
Levi acquista sempre più esperienza, passando dall'essere inizialmente curioso
di tutto all'essere un deportato che sa come funziona il campo e cosa gli
conviene fare. Diventa anche un chimico a causa della sua laurea, e in quegli
attimi di tranquillità ha occasione di riflettere sulle orribili condizioni in
cui è ridotto. Nel frattempo i Tedeschi decidono di evacuare il campo a causa
dell'arrivo dei Russi, per poi abbattere tutti i prigionieri. Levi riesce a
salvarsi perché è uno dei pochi deportati che restano nel Ka-Be, l'infermeria:
è grazie alla sua scaltrezza se riesce a sopravvivere.
Il libro è ambientato tra il 1944
e il 1945 a Monowitz, se si esclude il primo capitolo ambientato in Italia. Lo
spazio è molto ben descritto, e ciò rende maggiore enfasi al racconto. La
tematica principale è la denuncia del dramma della Shoah, e penso che Levi
abbia scritto Se questo è un uomo affinché questa tragedia non venga
dimenticata.
Grazie a
questo libro ho capito molto della Shoah; la testimonianza di Levi è molto
diretta e chiara, non lascia mai niente in sospeso e toglie ogni dubbio. E' un
libro molto utile per chiunque voglia sapere ciò che è realmente accaduto nei
Lager. Lo stile dettagliato mi ha condotto a chiudere gli occhi e a provare ad
immaginare gli Haftlinge rassegnati, la miseria dei lager, il Ka-Be e tutto il resto. Se questo è un uomo è
estremamente interessante, forse a tratti reso pesante dalle riflessioni di
Levi. L'unica cosa che non mi è piaciuta sono state le frasi in lingua
straniera: molto spesso non riuscivo a tradurle, anche se alla fine il loro
contenuto era intuitivo.
Tempo in cui ho letto il libro:
due mesi
Elena Medda (3°E Nuraminis)
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